Un chien andalou. Luis Bunuel. 1929. FRANCIA.
Attori: Pierre Batcheff,
Simone Mareuil, Jaime Miratvilles, Salvador Dalí, Luis Buñuel, Marval, Fano
Messan, Robert Hommet
Durata: 16'
Un uomo taglia l’occhio di una
donna, sfumatura. Un altro uomo, in bicicletta, cade su un marciapiede e sbatte
la testa. Una donna, affacciata alla finestra, vede la scena, scende in strada
e fa sdraiare l’uomo sul suo letto. Dalle mani dell’uomo escono delle formiche.
La sua mano è trovata in terra da una ragazza con capelli corti che però è
investita da un’auto. L’uomo cerca allora di violentare la donna, ma quella lo
respinge e lui, tirando due corde, si ritrova a trascinare due preti ed
altrettanti pianoforti nei quali sono inseriti dei vitelli morti. La donna lo
caccia da casa. Fa rientro però il suo doppio che sfida quello ancora a letto:
prima lo mette in angolo come in castigo, poi gli consegna due libri che
diventano pistole e con le quali l’uomo uccide il suo doppio. L’uomo morto cade
sul corpo di una donna in una foresta ed il suo cadavere è trovato da passanti
che lo portano via. L’uomo è ancora in stanza con la donna. Al posto della sua
bocca si trovano i peli dell’ascella della donna che esce dalla stanza
mostrandogli la lingua. La coppia va in riva al mare ed in primavera si ritrova
sepolta per metà dalla sabbia.
Manifesto del surrealismo
francese, il primo film dello spagnolo Bunel (che incomincia la carriera a
Parigi come apprendista di Jean Epstein) è una rappresentazione onirica delle
idee avanguardistiche sue e dell’artista Salvador Dalì. Prodotta al di fuori
dei canali commerciali ufficiali, la storia, nella quale si creano e ricreano,
alternandosi, situazioni grottesche, dure o ridicole, è un incontro tra forme
d’erotismo legate al corpo (il taglio dell’occhio, le formiche dalle mani, i
peli sulla bocca, …) e rilette in chiave sado. È il corrispettivo
filmico del Primo Manifesto del Surrealismo (1924, ristampato da André Breton
nel 1929) di cui condivide l'estetica di Lautréamont, l'influsso di Freud, la
volontà rivoluzionaria d’ispirazione marxiana con spunti presi da Buster Keaton
e René Magritte. Il titolo incongruo deriva da Un perro andaluz, raccolta di
poesie e prose di Buñuel, pubblicata nel 1927 sulla Gaceta Literaria di Madrid.
Non è da escludere che abbia una connotazione polemica contro Federico García
Lorca che nel 1928 aveva pubblicato Primero romancero gitano, accolto da molti
con entusiastici elogi, ma non dall'amico Buñuel che gli rimproverava il
“terribile estetismo” (il Morandini – Dizionario dei film 2003). Uso del
montaggio a dissolvenze e sovrimpressioni, soggettive e decostruzione
narrativa\temporale, sono fra le componenti che più hanno influito sul successo
di questa pellicola (oltre naturalmente le trovate oniriche dell’improbabile
sceneggiatura). Il sogno è così evidentemente sogno in questa pellicola
che, assieme alla successiva L’age g’or (1930), possono apparire come documentari
realistici su un mondo onirico (Enrico Ghezzi – Paura e desiderio). Per
fare questa pellicola, Bunel fu finanziato direttamente da sua madre (il
Mereghetti – Dizionario dei film 2000). Scenografie del regista, composte
con l’amico Salvador Dalì (la mano con le formiche è forse quella più famosa).
Il primo compare come l’uomo che taglia l’occhio della donna, il secondo è uno
dei preti trascinati dal protagonista. Per la cruenta scena in cui il regista
recide l’occhio della donna, fu utilizzato un occhio bovino (e la meravigliosa
alternanza nel montaggio con la luna attraversata da una nuvola). L'attore
protagonista, P. Batcheff, si suicidò pochi mesi dopo la fine delle riprese.
Nel 1960 è uscita una versione integrale sonorizzata in accordo con lo stesso
regista, con musiche di R. Wagner (Morte di Isotta) e tango.
Bucci Mario
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