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Un chien andalou
Anno: 1929
Regista: Luis Bunuel;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 02-12-2003


La grande guerra

Un chien andalou. Luis Bunuel. 1929. FRANCIA.

Attori: Pierre Batcheff, Simone Mareuil, Jaime Miratvilles, Salvador Dalí, Luis Buñuel, Marval, Fano Messan, Robert Hommet

Durata: 16'

 

 

Un uomo taglia l’occhio di una donna, sfumatura. Un altro uomo, in bicicletta, cade su un marciapiede e sbatte la testa. Una donna, affacciata alla finestra, vede la scena, scende in strada e fa sdraiare l’uomo sul suo letto. Dalle mani dell’uomo escono delle formiche. La sua mano è trovata in terra da una ragazza con capelli corti che però è investita da un’auto. L’uomo cerca allora di violentare la donna, ma quella lo respinge e lui, tirando due corde, si ritrova a trascinare due preti ed altrettanti pianoforti nei quali sono inseriti dei vitelli morti. La donna lo caccia da casa. Fa rientro però il suo doppio che sfida quello ancora a letto: prima lo mette in angolo come in castigo, poi gli consegna due libri che diventano pistole e con le quali l’uomo uccide il suo doppio. L’uomo morto cade sul corpo di una donna in una foresta ed il suo cadavere è trovato da passanti che lo portano via. L’uomo è ancora in stanza con la donna. Al posto della sua bocca si trovano i peli dell’ascella della donna che esce dalla stanza mostrandogli la lingua. La coppia va in riva al mare ed in primavera si ritrova sepolta per metà dalla sabbia. 

Manifesto del surrealismo francese, il primo film dello spagnolo Bunel (che incomincia la carriera a Parigi come apprendista di Jean Epstein) è una rappresentazione onirica delle idee avanguardistiche sue e dell’artista Salvador Dalì. Prodotta al di fuori dei canali commerciali ufficiali, la storia, nella quale si creano e ricreano, alternandosi, situazioni grottesche, dure o ridicole, è un incontro tra forme d’erotismo legate al corpo (il taglio dell’occhio, le formiche dalle mani, i peli sulla bocca, …) e rilette in chiave sado. È il corrispettivo filmico del Primo Manifesto del Surrealismo (1924, ristampato da André Breton nel 1929) di cui condivide l'estetica di Lautréamont, l'influsso di Freud, la volontà rivoluzionaria d’ispirazione marxiana con spunti presi da Buster Keaton e René Magritte. Il titolo incongruo deriva da Un perro andaluz, raccolta di poesie e prose di Buñuel, pubblicata nel 1927 sulla Gaceta Literaria di Madrid. Non è da escludere che abbia una connotazione polemica contro Federico García Lorca che nel 1928 aveva pubblicato Primero romancero gitano, accolto da molti con entusiastici elogi, ma non dall'amico Buñuel che gli rimproverava il “terribile estetismo” (il Morandini – Dizionario dei film 2003). Uso del montaggio a dissolvenze e sovrimpressioni, soggettive e decostruzione narrativa\temporale, sono fra le componenti che più hanno influito sul successo di questa pellicola (oltre naturalmente le trovate oniriche dell’improbabile sceneggiatura). Il sogno è così evidentemente sogno in questa pellicola che, assieme alla successiva L’age g’or (1930), possono apparire come documentari realistici su un mondo onirico (Enrico Ghezzi – Paura e desiderio). Per fare questa pellicola, Bunel fu finanziato direttamente da sua madre (il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). Scenografie del regista, composte con l’amico Salvador Dalì (la mano con le formiche è forse quella più famosa). Il primo compare come l’uomo che taglia l’occhio della donna, il secondo è uno dei preti trascinati dal protagonista. Per la cruenta scena in cui il regista recide l’occhio della donna, fu utilizzato un occhio bovino (e la meravigliosa alternanza nel montaggio con la luna attraversata da una nuvola). L'attore protagonista, P. Batcheff, si suicidò pochi mesi dopo la fine delle riprese. Nel 1960 è uscita una versione integrale sonorizzata in accordo con lo stesso regista, con musiche di R. Wagner (Morte di Isotta) e tango.

 

 

Bucci Mario

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