L´uso della allusione iconografica è strabico, proprio come il periodo affrontato: da un lato rimangono evidenti i condizionamenti della pittura rococò, i grandi ritratti dei personaggi eminenti della monarchia assolutista (quel ritratto ovale come da tradizione del duca d´Orléans ora appeso e ora in disgrazia sul pavimento, quei volti che occhieggiano enormi dai dipinti, spesso già senza tronco come in una previsione della fine), ma vengono come lievemente ritoccati. Infatti la nobildonna nel letto non ha più le provocanti e lascive forme nude di Louise O´Murphy, la ninfetta del dipinto di Boucher che offriva nel 1752 le terga affondate tra le coltri, lasciando immaginare una scopata riservata al re come nei romanzi pornografici ambientati nel settecento, e nemmeno la veste sontuosa della Pompadour (rivale della giovane impudica) ritratta sempre da Boucher nello stesso scompiglio di teli e guanciali creato da Grace ad arte nel film per occultare il ricercato Champcenetz; in quel modo Rohmer ottiene di adibire la scena secondo il gusto pre-rivoluzionario, zeppo di oggetti e drappeggi, mobili e appoggi decorati, porcellane e cristalli, ma già insinua il cambiamento: la postura della donna non è quella della marchesa che si degna di sollevare lo sguardo dal libro senza però osservare nella direzione dell´occhiata intrusa e impudente (esattamente i modi che hanno gli zotici rivoluzionari durante le perquisizioni) che la ritrae in quella nicchia di tendaggi e neanche assume la smaliziata posizione provocante della sua rivale, ma piuttosto ñ e soprattutto durante la seconda perquisizione ñ acquisisce la sobria e neoclassica veste e il taglio di madame Récamier ritratta da David.









Dunque dall´altro lato Rohmer anche dal punto di vista delle evidenti citazioni fa una commistione di sensi estetici epocalmente vicini ma sideralmente allontanati dalla Rivoluzione, una scissione che allora diede luogo a opere che restituivano concezioni del mondo opposte, che però continuarono a convivere per un certo tempo e diedero luogo a una terza forma, diversa da entrambe. Rohmer si diverte a farle convivere, coesistendo sono costrette a confrontarsi, mescolarsi, collidere e soccombere di fronte a un nuovo gusto che prescinde dalla minuzia descrittiva di Liotard (che pure funge da modello per tratteggiare la servitù realista, proprio perché rimasti unici rimasugli dell´ancien regime, presenze che sembrano far parte dell´arredo, come la serva di Liotard, dettagliata con la stessa meticolosità del vassoio e del bicchiere o della tazzina, come avviene nel film), quanto dallo spoglio neoclassicismo di David, che suggerisce però gesti e abbandoni (ad esempio lo stremato e febbricitante ricercato si lascia andare sulla poltrona reclinando la testa come Marat nel bagno, un atteggiamento da sconfitti); e insieme la serva giacobina, scanzonata, sfrontata, ancora suddita per ragioni di lavoro, e anche per devozione (il rispetto per la padrona), eppure giý nuova figura che prende spessore dalle stampe popolari o del realismo di Chardin. Eppure sempre si coglie la sensazione che tutto sia recita e in attesa che arrivi l´autentica folata che porta via ogni confezione preordinata per imporre un nuovo modo di raccontare per la nuova epoca.

Definizione lineare di forme già amalgamate da quei toni chiaroscurali che dominano la seconda parte del film, assumendo la freddezza neoclassica del ritaglio della figura stagliata su sfondi sempre più spogli e che occupano geometricamente lo spazio: il culmine della scomparsa di oggetti si ha nella saletta della Convenzione; la composizione pittorica appare rigorosa nell´angolo che ospita Grace e macchiettistica in quello in cui sono ripresi i due funzionari. Ma per entrambi è comune la parete indifferenziata.