Eppure l´impianto del film è in forma di diario che cadenza le lunghe sequenze con stralci scritti in prima persona (autentici brani del diario di Grace Elliot) e il suo uso, quindi un´impronta fortemente pre-rivoluzionaria, non fa che accentuare la sensazione di essere al cospetto di un momento di particolare incertezza anche estetica e stilistica, che incoccia invece con descrizioni molto drammatiche e romanzate: la splendida notte trascorsa nelle campagne verso Meudon, da sola Grace si allontana da Parigi, impaurita; e il particolare del piede piagato dalle calzature nobiliari, inadatte al cammino, risulta così esogeno dal racconto fino ad allora condotto, che i caratteri tipici del romanzo borghese cominciano a insinuarsi potentemente nel quadro laccato dell´affabulazione pre-rivoluzionaria; quel piede piagato nella notte silvana e ripreso nella stessa attitudine di quei piedini che pochi decenni prima erano oggetto di seduzione nei boschi di Lancret, ma totalmente privato della sua forma aristocratica, spensierata, reso "realista", borghese quanto un romanzo d´appendice, diventa un segnale del cambiamento maggiore delle piazze piene di giacobini.



















E questa nuova sensibilità è rimarcata dagli unici quattro particolari presenti nel film, per la loro esiguità ancora più significativi: quello del piede è secondo a quello altrettanto umorale della baionetta che sventra un soldato svizzero a Les Tuilleries il 10 agosto del 1792 sotto gli occhi di Grace inorridita (infatti altro ruolo importante svolto dalla nobildonna è di testimone oculare di momenti storici, aspetto che nobilita la forma diario); successivamente si insisterà sui piedi dei preti giustiziati, riversi sul carro e da ultimo le mani che si stringono attorno al sacchetto di lavanda restituiranno all´uso del taglio dell´inquadratura una sorta di normalità fittizia, sotto sorveglianza: la fragranza del profumo intrappolata ormai solo nel sacchetto.