John Sayles

La costa del sole






Ma si può cominciare la disamina di questo disagio, dovuto all'incapacità di immaginare riferimenti validi individualmente e collettivamente nel rispetto della libertà singola e comunitaria, a partire dallo sguardo disilluso, che la patina del tempo vorrebbe tentare di ingannare, ma che alla fine recupera tutte le perplessità accomunando nella condanna l'ipocrita deriva della comunità bigotta rifiutata un tempo con l'orrore per i maneggi speculativi del presente, orditi dagli stessi personaggi del passato che tornano come un incubo golfistico nei film di Sayles, che aveva ambientato in Alaska la trama simile, seppur meno sarcastica, in Limbo: "American history is full of people saying the Christian thing to do, the [white] thing to do, is to tame nature, is to get rid of all of those trees and all those mosquitos and all those swamps and do something with the land." E di nuovo ci ritroviamo al cospetto delle piante e della natura: questa volta l'operazione di sintetizzazione, di resa artificiale della natura è ormai conclusa da tempo; dice un giocatore di golf che fa da trait union della trama (un intricato accavallarsi di molti personaggi - come avveniva in Limbo, altro film volutamente irrisolto nel finale - intrecciati strettamente perché tutto alla fine riceva un senso - e una nemesi): Tutto è cominciato con il motore a scoppio. La natura è sopravvalutata, ma la rimpiangeremo quando sparirà".
Come risulta conclusa anche l'istanza di emancipazione, anzi proprio l'apparente sfondamento della volontà di liberazione delle minoranze ha in realtà dato spazio allo strapotere delle lobbies di privilegi wasp: "And just the timing of it was that when those segregation laws were struck down, they weren't only competing with the white guy who owned the little motel on the other end of town, it was the beginning of the rise of corporate America. And you had to economically now compete with McDonald's, with chain motels, with chain restaurants, with this kind of entity that could take three years of a loss to drive you out of business".
Dunque la ricerca identitaria si fa più palese: affidata a una donna nera che ritorna al paese avito abbandonato nelle stesse condizioni che abbiamo visto in Perfect Pie all'ultimo festival delle donne: quella comunità nera ha perso il proprio odore (come rischiavano i pigmei di Mihaileanu), gli spiriti degli alligatori non si aggirano più per le mangrovie della Florida, sostituiti dal campo di golf sintetico e anche la costa rischia di venire spianata e resa uniforme a tutto il resto dell'immaginario standard che prevede le stesse casette e i medesimi cespugli ovunque, ma... gli spiriti possono non essersene andati del tutto e riapparire sotto forma di antico cimitero indiano, sotto protezione dei beni archeologici: il passato, quello più antico, quello più in simbiosi con la natura, viene in soccorso contro coloro che si sforzano di "inventare dal niente una tradizione" che sia collaterale a quella dominante e utile per imporla sulle altre, facendole sparire, ma... i resti dei vecchi abitatori della Florida impediscono l'oblio e sorpassano le miriadi di storie minimali che costellano il film per lasciare labili tracce, mentre quegli scheletri consumano una splendida vendetta per conto anche di quegli scheletri che popolano le fosse che il vecchio professore aveva scovato in una via crucis di consapevolezza in Men with guns.