Repertori di manie tra piaceri e spiacevolezze

La presenza degli oggetti crea repertori utili anche per interpretare i gusti e soprattutto connotare i personaggi, la cui presentazione viene affidata a brevi siparietti volti ad illustrare buffi elenchi di "ciò che piace o non piace" fare nella vita.

«A Raphael Poulain non piace: pisciare accanto a qualcuno; sorprendere uno sguardo di disprezzo sui suoi sandali; uscire dall'acqua con il costume appiccicato addosso. A Raphael Poulain piace: strappare enormi pezzi di carta da parati; mettere in fila le sue scarpe e lucidarle con cura; svuotare la scatola degli attrezzi, pulirla bene e rimettere tutto a posto.

Ad Amandine Poulain non piace: avere le dita lessate quando fa il bagno; farsi sfiorare la mano da qualcuno che le sta antipatico; avere il segno del lenzuolo stampato sulla guancia la mattina. Ad Amandine Poulain piace: il costume dei pattinatori artistici in tv; far brillare il parquet con le pattine; svuotare la borsetta, pulirla bene e rimettere tutto a posto».

I ritratti dei genitori di Amélie, illustrati dalla consueta voce off che fa da complemento ad immagini didascaliche, risaltano nell'ingenuità della loro apparizione e risultano al contempo diretti ed incisivi per la spontaneità che li apparenta a presentazioni che i bambini potrebbero fare di se stessi. In questi elenchi colpisce la relazione che i soggetti instaurano con gli oggetti: rapporti corticali, dettati da sensazioni fisiche di piacere o di disgusto, dalla comune volontà di mettere ordine all'interno di un microcosmo, che si desidera ordinato, perfetto, nitido e trasparente come un bicchier d'acqua. Ben diverso risulta il favoloso mondo abitato da Amélie fin da piccola:

«Amélie ha sei anni. Come tutte le bambine, vorrebbe che suo padre l'abbracciasse ogni tanto ... Ma lui ha contatto fisico con lei solo durante il controllo medico mensile. La piccina, sconvolta da tanta eccezionale intimità, non riesce a contenere il batticuore. Perciò il padre la crede affetta da un'anomalia cardiaca. A causa di questa malattia fittizia, la piccola Amélie non va a scuola. È sua madre che le fa da maestra. Privata del contatto con altri bambini, sballottata tra lo stress della madre e il padre orso, Amélie si rifugia in un mondo da lei inventato.

In questo mondo, i dischi in vinile sono preparati come crêpes e la moglie del vicino, in coma da mesi, in realtà ha scelto di esaurire, in una volta, tutte le sue ore di sonno. L'unico amico di Amélie si chiama Capodoglio. Purtroppo, l'ambiente familiare ha reso il pesciolino rosso nevrastenico e incline al suicidio.
E siccome i tentativi di suicidio del Capodoglio non fanno che aumentare lo stress materno, s'impone una decisione. Per consolare Amélie, la madre le regala una Kodak instamatic di seconda mano. Un vicino approfitta dell'ingenuità di Amélie per farle credere che il suo apparecchio sia difettoso: provoca incidenti ... Avendo scattato foto tutto il pomeriggio, la sera l'assale un dubbio atroce ... Si accascia davanti alla tv, schiantata dalla responsabilità per un maxi tamponamento, due deragliamenti e un disastro aereo. Qualche giorno dopo, Amélie capisce che il vicino l'ha presa in giro e decide di vendicarsi.»

Gli oggetti del cuore cari ad Amélie sono destinati a sfuggirle di mano (separazioni dolorose: basti pensare alla storia del pesciolino rosso), per questo forse si divertirà in futuro a manomettere quelli altrui, sia per aiutare provvidenzialmente il prossimo (secondo discutibili criteri di generosità), sia per punire coloro che si credono dalla parte del giusto ed invece compiono nefandezze e sopraffazioni di ogni sorta (la vendetta contro il vicino e in seguito ai danni del droghiere) ed il travestimento alla Zorro è segnale di questa propensione a combattere l'ingiustizia in toni eroici, permanendo pure quel sostrato infantile che il personaggio del nobile messicano si porta dietro dalle infinite mascherate carnascialesche che da sempre lo vedono protagonista (chi non si è mai travestito da Zorro? E dunque chi non si immedesima nel personaggio che si propone al proprio amore come misterioso e romantico Zorro?).

«In compenso, coltiva un gusto particolare per i piccoli piaceri, tuffare la mano in un sacco di grano ... e far rimbalzare i sassi sulla superficie del canale Saint Martin ... oppure rompere la crosta della crème brülée con la punta del cucchiaio ...».

Gli interventi di Amélie hanno sempre e comunque il pregio di affabulare gli oggetti, che iniziano a ripercorrere la propria storia, mentre la raccontano.

Il film si configura come proustiano recupero del tempo perduto (e questo ne accentua la connotazione di francesità): ogni fotogramma e ogni referenza interna all'inquadratura si ammanta di storia, data anche solo dal passare del tempo tra un fotogramma e l'altro. L'evidenza maggiore in questo senso è rappresentata dal vecchio Raymond Dufayel, che ha puntato la telecamera sull'orologio per imporsi la consapevolezza del suo trascorrere e quindi dell'impossibilità di trattenere emozioni, gusti, vezzi culturali, ... espressioni di una giovane fissata su una tela da Renoir decenni prima. Però il suo atteggiamento è triste, limitato allo scarno scandire delle lancette il trascorrere del tempo, quando invece quel tempo può essere riempito da vita e oggetti che seppur effimeri lasciano tracce. E proprio questo Amélie comunicherà con le cassette: sostituirà al dito osservato dal vecchio, che del tempo guarda l'espressione meccanica, la luna degli eventi che una telecamera può registrare.

Il capolavoro di Queneau non a caso termina con il mitico laconico dialogo tra Jeanne Lalochère e Zazie:

«Allora, ti sei divertita?
Così.
L'hai visto il mètro?
No.
E allora, che cosa hai fatto?
Sono invecchiata.»