SHOEI IMAMURA,
Coscienza Critica del Giappone



Uno Sguardo alla Tecnica


Nippon Konkuchi, Cronaca entomologica del Giappone, 1963
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  • Lo stile ed i contenuti espressi nelle opere di Imamura furono molto apprezzati in Giappone negli anni sessanta e sentiti radicali e provocatori anche all´estero. In contrasto con la generazione di registi precedenti la sua poetica appariva sconnessa, autoreferenziale, irrispettosa delle condizioni narrative di montaggio, tutte qualità amate dalla nouvelle vague francese.
    L´estetica giapponese delicata e raffinata si addiceva alla qualità domestica dei film di Ozu, definito l´autore del privato e del familiare, perché le sue inquadrature fisse e scandite da lunghi ritmi vennero lette come metafora di una meditazione giocata sulle pause, sui minimi gesti, sugli interni soffusi di luci o di ombre, dove l´intrecciarsi di soliti rapporti psicologici stava a simboleggiare lo scorrere della vita all´interno delle pareti domestiche.

    Per certi aspetti anche Imamura, come il suo maestro, fa scarso uso di sceneggiature lineari: preferisce costruire una successione cronachistica di sequenze vagamente sconnesse, dove interagiscono personaggi, che, pur essendo concretamente se stessi, sono privi di alcuna autoconsapevolezza e non si lasciano prendere da momenti di dubbio o di alienazione.
    Dal punto di vista tecnico la scena di Imamura appare invece più dinamica e vitale, perché stipata di oggetti e composta in modo da non lasciare spazi liberi ai personaggi, accentuando così un senso di claustrofobia, interrotto talvolta da qualche buco-finestra, uniche fessure voyeuristiche all´interno di questo universo concentrazionario, che permettono allo spettatore di coglierne la vitalità prorompente. In altri casi l´espressività ricercata attraverso la profondità di campo (ottenuta disponendo zone illuminate, grazie ad una ripartizione piana di ciò che sta svolgendosi sullo sfondo, mettendo in rilievo le linee di forza che strutturano lo spazio) finisce per tagliare fuori intenzionalemente i corpi degli attori, che sembrano esistere concretamente solo invadendo il mondo esterno all´inquadratura.
    I tagli rapidi, i movimenti di camera, che seguono con riprese ravvicinate l´azione dinamica degli attori, l´improvviso cambiamento del punto di vista della macchina possono ricordare anche la tecnica usata da Kurosawa, dal qual però si differenzia per la tendenza ad effettuare riprese dall´alto e per l´uso originale della profondità di campo.

    Le immagini forti ed espressive di Imamura, contrastando con il classicismo di Ozu, con il realismo umano di Mizoguchi, con la ricercatezza stilistica mostrata da Kurosawa, testimonia l´evoluzione estetica compiuta dal regista; oltre ad essere specchio del cambiamento socio-culturale intrapreso dal Giappone, esse finiscono per catturare in maniera grottesca e deformante la vitalità originaria e l´esuberante energia di un popolo, da sempre alla ricerca di un´identità, come confine da spingere lontano per non sclerotizzare mai la propria immagine.