SHOEI IMAMURA,
Coscienza Critica del Giappone



Profondo Desiderio Rubato dal Dover Essere
Fukushu suru wa ware ni ari, La Vendetta è mia, 1981
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  • L´opera Fukushu Suru Wa Ware ni Ari è stata definita dai critici come film più emblematico del suo corpus, poiché la meditazione sui rapporti che stanno alla base della relazione individuo-società assume uno spessore morale, capace di demistificare la tradizione e i valori ufficiali attraverso la continua messa in discussione del protagonista, il quale diventa simbolo di una contraddizione radicale, rinvenibile nella compattezza presunta della società giapponese, che il regista non vuole tentare di pacificare. La criminalita di Enokizu Iwao catalizza la paradossale innocenza degli altri personaggi di Imamura,; in lui agisce quella componente nascosta dell´anima giapponese, che da sola fonda una crisi di identità collettiva. Egli finisce per rappresentare in un ultima istanza l´individualismo che è alla base della moderna economia di mercato, espresso attraverso forme di anarchismo sincero, perché è un uomo senza radici, abbandonato al gioco delle identità, è energia pura, che sfoga contro un mondo esterno sentito come antagonista, tanto da escludere l´esperienza dell´altro da se, se non tramite atti sessuali vissuti senza partecipazione e scambio, semplici coazioni a ripetere, dove più che il contatto fisico è lo scontro dei corpi ad imprimersi nella mente dello spettatore.

    In Enokizu Iwao si ritrovano tutti i tratti riconoscibili negli altri protagonisti dei film di Imamura. È possibile sintetizzarli nei seguenti aspetti: obbedienza alle pulsioni, esibizione di una sessualità contro ogni convenzione, esclusione dal riconoscimento civile determinato dall´appartenere ad una minoranza, condizione di anormalità tradotta perversamente nella liberazione di un´energia sfrenata e maniacale, che si esprime nell´immanenza di un comportamento aggressivo.
    Quest´uomo sembra vivere una frattura interiore in maniera più tragica rispetto alle altre creature care al regista: essa crea una sorta di vuoto tra l´istanza morale del dover essere secondo i dettami dell´educazione cattolica ricevuta dal padre ed i bisogni della fisicità. Tale dissidio finirà per svuotare e far evaporare il suo essere, sancendo una specie di innocenza ontologica insita nella sua natura omicida.
    L´atteggiamento di Imamura nei confronti di Iwao è libero da ogni presunzione di giudizio: "L´omicida è prima di tutto l´espressione di un insieme di comportamenti, un oggetto sociale, i cui atti sono leggibili in quanto segni di una conflittualità concreta, essenziale, permanente. Il film non interpreta, ma aderisce alla complessità del personaggio e del suo agire, in una sorta di pedinamento indiziario che finisce col raccogliere e mettere in scena una costellazione di tracce".
    L´unica che avrebbe potuto aprire una strada verso la comunicazione con l´esterno è, ancora una volta, una creatura femminile, Haru, la donna che si è innamorata di Enokizu e che ne è rimasta incinta. Ma, anche in questo caso, l´uomo non riesce ad accettare nella sua vita le ricchezze che potrebbero scaturire da questo rapporto affettivo e finisce per ucciderla. Il regista, quasi smentendo nella citazione precedente, sembra affidare alla macchina da presa l´occasione per offrire un giudizio su ciò che il personaggio ha appena commesso: effettua infatti un´inquadratura dall´alto, quasi uno sguardo divino, che riesce ad interpretare la tristezza per il tradimento di quest´uomo. Tutto sommato anche lo sguardo del regista sembra condividere quello della macchina da presa, infatti le sue creature femminili finiscono per risultare quasi sempre trionfanti, capaci di sfruttare le occasioni poste inizialmente come sfavorevoli, all´inverso delle figure maschili, dipinti spesso come esseri più brutali o deboli.