I due ricercatori e registi, montatori, sceneggiatori, terminato l´assemblaggio del materiale d´epoca secondo un canovaccio che, pur nel climax emotivo ricalca i ritmi delle estenuanti marce, lo strazio dei profughi divisi e la sospensione delle strenue attese per nulla poetiche della Grande Guerra, andarono da Giovanna Marini, perché musicasse quel corpo filmico muto di bagliori esplosi lungo tutto il secolo a cominciare da quei primi vagiti di mitraglia, fino ai rantoli di Baghdad.
    La compositrice assemblò il materiale del Coro della Sat di Trento, ¨ma il risultato che ottenni fu orribile, perché chiudeva l´immagine in un ghetto¨. Sicuramente le gagliarde gole indomite non si combinavano con i corpi straziati in pose goffe, affastellati, o se ancora vivi, non più macchine desideranti, bensì burattini in marcia verso i lager.


¨E allora buttai il montaggio sonoro e composi questo canto doloroso¨. Il criterio che informa una parte sonora non prevaricatrice è il contrario delle sottolineature drammatiche dei canti di guerra, piuttosto si nota la rincorsa a quella ciclicità, che le immagini suggeriscono e la storia del secolo ha rimarcato. Infatti nell´introduzione, che anticipa la proiezione e l´esecuzione musicale dal vivo, la cantante, parlando a braccio con un fervore anti-bellico pari solo alla presenza scenica di questa donna alta, segaligna, i capelli grigi e lo sguardo appassionato, rimarca alcuni aspetti del film che non si possono non ritrovare nella visione. In particolare i suoi richiami si focalizzano su quella catena che porta dall´accanimento del macello bovino nel campo di prigionia alle fosse comuni, riempite con lo stesso distacco: ecco, proprio l´abitudine alla morte, alle sue forme, alla sua patina innaturale e greve finisce con l´ammantare tutto ancora prima che intervenga l´altra pellicola di colore spalmatada Ricci Lucchi lungo tutti i fotogrammi, curando di mettere in rilievo particolari che gettano luce sull´innaturale presenza di quel tipo di morte assurda, messa in risalto dal doloroso canto, che aleggia, evocando la disperazione delle tragedie greche, ma senza la loro nobiltà: ¨Film di un´apocalisse¨, dice la compositrice e pone in risalto ¨La luce di ghiaccio con cui il colore commenta la disfatta di Caporetto¨.