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I due ricercatori e registi, montatori, sceneggiatori, terminato l´assemblaggio del materiale d´epoca secondo un canovaccio che, pur nel climax emotivo ricalca i ritmi delle estenuanti marce, lo strazio dei profughi divisi e la sospensione delle strenue attese per nulla poetiche della Grande Guerra, andarono da Giovanna Marini, perché musicasse quel corpo filmico muto di bagliori esplosi lungo tutto il secolo a cominciare da quei primi vagiti di mitraglia, fino ai rantoli di Baghdad.
La compositrice assemblò il materiale del Coro della Sat di Trento, ¨ma il risultato che ottenni fu orribile, perché chiudeva l´immagine in un ghetto¨. Sicuramente le gagliarde gole indomite non si combinavano con i corpi straziati in pose goffe, affastellati, o se ancora vivi, non più macchine desideranti, bensì burattini in marcia verso i lager.
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