HyperDark - Ipertesti

France Europe Express
viaggio fra le vite del cinema francese di oggi
4. Continental, maquis e mercato nero
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Laisser Passez

Senza darne sentore, si propongono storie cinematografiche di un'epoca perduta nei ricordi, se non quelli salvati dal cinema, e perciò ai residui di senso del cinema - unico depositario di verità storica, già interpretata da quel cinema - si improntano tutte le ricostruzioni, che non possono fare a meno di aggrapparsi a un riferimento cinematografico, comune agli spettatori... e quindi si ha sempre l'impressione di assistere a eventi storici filtrati che corrispondono alla riedizione di un immaginario già semantizzato che, con il carico delle sue decennali visioni successive, si frappone al periodo adottato per ospitarvi le storie. È come se Tavernier volesse dire che non possiamo avere altre sensazioni di quelle semantizzate allora, in quel momento in cui i registi francesi usavano i soldi della produzione dell'occupante per creare la "realtà" filmica di quel periodo, sottraendola all'immaginario che sarebbe potuto scaturire da una diretta gestione dei nazi; quindi, se da un lato potrebbe essere esecrabile l'accettazione di collaborare con quelle strutture (ma il protagonista che rappresenta questa scelta viene nobilitato dalla scelta partigiana e dalle strutture della lotta clandestina infiltrate), dall'altro anche l'altra scelta di purezza rappresentata dallo sceneggiatore macerato nei suoi dubbi risulta a tratti contraddittoria: il dilemma è grave e di difficile soluzione e non si direbbe che una delle due posizioni sia privilegiata realmente nel tono del film: lo sconclusionato sceneggiatore è comunque tratteggiato come un genio iperattivo e capace di ironizzare su tutto, cogliendo con precisione in una battuta la realtà: la sua vita è costituita da un disordine inversamente proporzionale all'ordine con cui organizza il suo pensiero attorno alle sceneggiature e all'analisi della vita. E anche le inquadrature che giocano con evidenza sulla copia dei film dell'epoca anche citati a profusione in un gioco metalinguistico che stavolta si produce diacronicamente incidendo sulla memoria cinefila dello spettatore, si guardano bene dal prendere posizione. poi in realtà l'amore con cui sono prospettate in n sontuoso bianco e neroè pari soltanto a quello che sta alle spalle delle ricostruzioni di ambienti che affiorano lentamente dalle sfocature che diaframmano sui primi piani deni di Cluzot o dalle citazioni di copioni tratti da Nerval o Pierre Bost per Tourneur - ricordando che anche sua moglie era stata internata - ma rimane il problema di "non voglio aver scritto niente per avvallare queste schifezze", che è il dilemma sempre presente al cospetto del potere in ogni epoca.
Rimangono dei vezzi che sono maniera del cinema francese: gli incroci di esistenze e storie, le dichiarazioni anti-borghesi, fatte da borghesi per epater le burgeoise; il lungo inserto dell'azione casuale con gli inglesi che sono macchiette di se stessi (anch'essa presa di peso da serie di b-movies dell'epoca), come dimostrano in materia di dossier copiati da internet, però l'opera regge perché il registro risulta originale, nonostante non ci sia un fotogramma che non inneschi un cortocircuito di rimandi e ricostruzioni, esplicite, volute, ricercate... piacevoli da ritrovarsi, perché riconosciute come nostro patrimonio.

Laissez passer

Monsieur Batignole

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Monsieur Batignole

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Monsieur Batignole

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Monsieur Batignole

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Monsieur Batignole


Il cinema neorealista ha sondato in ogni parte il periodo della resistenza, ne ha ottenuto capolavori di impegno e di emozione, poi, via via che i testimoni sparivano, le realizzazioni sonodiventate retoriche e si è avuto unlungo periodo di silenzio; da ultimo alcuni registi piemontesi, legati a Gobetti hanno diretto film dedicati ai partigiani. Mai nessuno da noi ha realmente preso in considerazione il collaborazionismo. Non se n'è potuto parlare, perché non c'è stata un'epurazione reale, nessuno è stato consegnato ai tribunali di guerra. non che non avessero servito nell'esercito dei Savoia dei perfetti massacratori o che i repubblichini fossero da attribuire all'invasore tedesco: piuttosto bisognava rinfocolare l'idea degli italiani brava gente. Ecco, alla cultura francese invidio la capacità di affrontare il discorso; poi che si autoassolvano fa parte del gioco di avere il coraggio di parlarne... anche se lo si fa sempre all'interno della tradizione paludata e sperimentata... Certo se Pasolini avesse finito il Salò...

Monsieur Batignole

Questo si coglie maggiormente nel teatro di posa di Tavernier, volutamente manierista e con evidenti ritratti di Clouzot, Cayatte, Tourneur, ma altrettanto artificioso è il vicolo ricostruito da Jugnot per Batignole, uscito dai film del periodo come il suo furgone riattato (e i negozi di Concorrenza sleale di Scola, altro regista di cultura francese).
Il film di Jugnot non ha le pretese di affresco simbolico di Tavernier, non ha nemmeno adentellati metalinguistici, ma permangono nella maniera in cui si ricostruisce l'epoca (e nei riferimenti: L'assassino abita al 21 è il film, non a caso di Cluzot, citato espressamente), conferendo alla pellicola l'ambiente adatto a che avvengano quei fatti raccontati, dei modi di affrontare quelle storie che lacinematografia nazionale ha mantenuto da Fernandel in avanti. e quel tratto tipico attribuisce subito un valore (positivo o negativo non importa: quel che interessa è la collocazione in una tradizione non asfittica ma capace di perpetuarsi rinnovandosi nelal proposta) alla pellicola come professionale racconto edificante. E qui fa capolino l'altro modo di sfruttare la presenza di ragazzini in scena rispetto a Le Diable. Tutto nell'intreccio rimane a cavallo tra macchietta e maschera, in particolare il manicheismo tra cattivi e buoni, quello che riscatta il meccanicismo è la lenta presa di coscienza del borghese, che sporadicamente tempra il buonismo con scene gore che scivolano nel grottesco, ricercato come scappatoia a momenti più drammatici, che devono passare nelle pupille, anzi fanno parte del messaggio subliminale educativo, ma nell'economia del racconto vanno cancelalte dal tono più leggero.
Tono che scompare nel momento in cui si denuncia la rapacità di taluni francesi: il genero e la moglie sono stereotipi più caricati di altri, ma servono a far comprendere come il tessuto sociale fosse sano e per questo riuscì a reagire al nazismo (e a Vichy). Tutto sommato con un picoclo aiuto da parte degli americani, ma la popolazione francese era immune dal virus nazifascista e solo questo ha permesso la vera liberazione:questo è la rivendicazione che percorre la storia del cinema francese sul periodo della resistenza.
La sequenza incui si dichiara ebreo, pur di salvare il ragazzino, è da antologia del cinema antirazzista.