La centralità dello sguardo soggettivo e oggettivo

Gli uomini quando mi guardano hanno paura di me e mi desiderano. È una questione di potere

Nina riflette gli sguardi che la carezzano e la stuprano con uno sguardo soggettivo di se stessa sul proprio intimo e di se stessa come la vedono gli altri, ma ribalta anche lo sguardo in un fuori campo raggiunto con occhi che fissano obliquamente interpretando quello che sta avvenendo dentro di lei (Moana). Nelle riprese del castello in fondo a quell'occhiata si indovina una profonda serenità e libertà. Fuori dalle convenzioni e dai soffocanti moralismi come nel bagno notturno.

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In treno si nota il primo di una serie di sguardi innocenti e curiosi rivolti al maschio che viaggia nello stesso scompartimento a sottolineare la differenza tra la sua naturalezza e l'intenzione del passeggero. Un'occhiata piena di spirito e di riso negli occhi: consapevolezza di sé e contemporanea incoscienza e curiosità per gli istinti erotici altrui. Infatti viene inserito a questo punto lo spezzone sullo spettacolo dal vivo e il cammeo del più giovane dei Rondolino: l'evocazione della famiglia ha un doppio significato, visti i guai passati da Fabrizio per il suo porno-libro e visto l'inconsapevole autodenuncia di consumatore distratto fatta dal personaggio interpretato da Rondolino junior.
Quando la chemio brucia non vuole testimoni: è l'unico momento in cui Nina non accetta lo sguardo su di sé, subito negato dall'
esibizione del castello, a cui lei tiene per ribadire la propria supremazia ed il controllo sullo sguardo maschile. Infatti la reazione di Flavio le fa intendere che in lui alberga un sentimento; si può addirittura ribaltare il giudizio di certi pennivendoli: l'intento del film è profondamente moralista, una morale non predicatoria che discrimina tra desiderio di una persona e foia per un'immagine.




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