"Non esiste un'uscita", appena sibilata con disperazione l'affermazione muta la prospettiva e comincia subito a delinearsi la strada della rivelazione di quale struttura sovrintende alla costruzione con il disvelamento della sua esistenza. Dunque dapprima si indovina che esiste qualcosa di riconducibile ad un ordine che persegue un piano e si comincia a delineare la fattura della dimensione in cui si è capitati ("Qualcuno ricorda come ci è finito?"), come avviene per le prime speculazioni filosofiche, poi però si salta subito alla filosofia della negazione, annunciando la mancanza di speranza: è una disperazione che va al di là dell'evasione dalle 17576 celle (26 al cubo: base magica degna davvero della scuola pitagorica di Samo, a cui riconduce anche la forma cubica impostata sulle tavole a base dieci delle tabelline o le terne di numeri che ancor prima della descrizione cartesiana del mondo corrispondono al numero di elementi che risolvono il teorema del triangolo rettangolo) in cui languiscono: la prigione è globale. Ma non ci si può abbarbicare ad una ribellione contro chi ha ordito tutto ciò: Dio è morto o non è mai esistito, parcellizzato in molti progettisti di dettagli e il Grande Fratello è un consolatorio pupazzo che ci costruiamo per immaginare almeno che qualcuno ha un disegno immanente: "Non c'è un complotto e non c'è un Capo. Il Grande Fratello non ci controlla affatto. Non c'è nessuno lassù". Solo codici cifrati magici, come nel pitagorismo che pone al centro il numero come elemento costitutivo di tutte le cose e dell'armonia universale.

Spettacolo e tecnologia

La presenza dello sbirro serve per disturbare l'armonia del movimento del cubo e degli sforzi inani dello sparuto gruppo dedito a porre le proprie competenze (soprattutto quelle del ragazzo autistico) al servizio del rinvenimento dell'uscita ("Se c'è stato un ingresso, ci deve essere un'uscita"). Se si dovesse completare l'esegesi alla luce del solo pitagorismo dovremmo immaginare la situazione come via catartica e dunque a giudicare dal risultato sarebbe un inno all'impossibilità di redenzione. Ma il testo di Natali è scevro da pulsioni mistiche-religiose, pur inventando un mondo, orbato da subito della presenza di un qualunque demiurgo che ossessionava Dark City: qui non c'è metafisica, anche se si avverte una nostalgia per una perduta armonia a cui forse allude il succedaneo cubico del mondo perduto. La contemplazione dell'armonia del cosmo, subordinata all'attenzione per la sopravvivenza per buona parte del film, riprende il sopravvento nel momento in cui si identifica la precisione dei tasselli trigonometrici, di cui l'anima umana è partecipe nella teoria di Pitagora, per poi svanire nella triste realtà di "sconfinata stupidità umana" e nella disillusione derivante dall'opprimente orrore proveniente dal tentativo di costruire una metafisica.