NEL PROFONDO PAESE STRANIERO

CAST TECNICO ARTISTICO

Sceneggiatura e Regia: Fabio Carpi
Fotografia: Fabio Cianchetti
Scenografia: Carmelo Agate
Costumi: Silvana Carpi
Montaggio: Bruno Sarandrea
Prodotto da: Gam Film, Blue film, Sunshine,
Amka Films, RAI, CANAL +, SSR/TSI,
Dipartimento della Istruzione e della cultura del Canton Ticino
(Italia, Francia, Svizzera, 1997)
Durata: 102'
Distribuzione cinematografica: BIM

PERSONAGGI E INTERPRETI

René: Claude Rich
Sibilla: Valeria Cavalli
Manuel Fernandez: Gregoire Colin
Eugenie: Renée Faure
Dominique: Jacques Dufilho
Ramon: Walter Vidarte
Garcia: Rafael Rodriguez
Finkel: Jose' Quaglio








Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei Ë il vuoto ad ogni gradino.
Anche cosÏ Ë stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nÈ pi mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtý sia quella che si vede.


Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non giý perchÈ con quattríocchi forse si vede di pi.
Con te le ho scese perchÈ sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

(Eugenio Montale, Satura, Mondadori, Milano, 1971)




Je comprends que la cendre níest rien qui soit au monde, rien qui reste comme un Ètant. Elle est líÍtre, plutÙt, quíil y a - cíest un nom de líÍtre quíil y a lý mais qui, se donnant (es gibt Asche), níest rien, reste au-delý de tout ce qui est (konis epekeina ths ousias), reste imprononÁable pour rendre possible le dire alors quíil níest rien.

(Mi par di capire che la cenere non è niente che sia al mondo, niente che resti come essente. Essa è piuttosto l´essere che c´è - è un nome dell´essere che c´è, che è là, ma che, donandosi (es gibt Achse), non è nulla, un resto che resta al di là di tutto ciò che è (konis epekeina ths ousias), un resto che resta impronunciabile a fine di render possibile il dire in quanto non è nulla.)

(Jacques Derrida, Feu La Cendre, Ed.it.: CiÚ Che Resta Del Fuoco, Sansoni, Firenze, 1984)










La teofania del Bagno di Diana provoca un duplice effetto: quale luce del principio divino, essa sospende il tempo e la riflessione sullo stesso. Lo spazio mitico avvolge allora Atteone e genera la sua metamorfosi in cervo. Ed ecco líestasi di un Atteone vagante, che irrompe nel mitico spazio di Diana bagnante. Ma questa teofania attraversa lo spazio del mito e líonda di cui Diana si asperge figura lo specchio del suo nudo impalpabile: Diana riflessa riassorbe nel suo principio la propria nuditý un attimo irradiata. [...]. Líavvenimento del Bagno di Diana Ë per lui imprevedibile e affatto esteriore. » fuori di lui e, per coglierlo, non deve situarlo qua o lý nello spazio, ma farlo emergere dallíanimo suo. Quel che vede Atteone, accade allora al di lý della genesi di ogni parola: scorge Diana nellíacqua e non riesce a dir quel che vede. Il suo vagare, anche se teso a sorprenderla, Ë simile a uníascesa verso lo stadio anteriore alla parola. Come ridurre in formula il suo andare per le selve, per trovarsi confrontato díun tratto con la scena sempre inattesa - benchÈ proprio líattesa líavesse indotto ad avanzare? Diremo che líavvenimento assorbe ciÚ che nellíansia di coglierla era ancora esprimibile. Non posso dir quel che vedevo. Non che líinesprimibile sia incomprensibile e che líincomprensibile sia invisibile. LíAtteone della favola vede perchÈ non puÚ dire ciÚ che vede: potesse, smetterebbe di vedere.

(Pierre Klossowski, Il Bagno Di Diana, F.M.R., Milano, 1983)