Il destino dei due si intreccia più volte apparentemente secondo criteri di casualità: la foto nella latrina diventa uno dei possibili percorsi-foto del musicista, il tovagliolo con il numero di telefono, la pagina del giornale con la foto di Izzy, gli autori di Il Vaso di Pandora conosciuti per caso da Izzy sono passaggi che fanno parte di una realtà, nella quale rientrano anche le loro interazioni con il Dr. Van Horn; altro universo di riferimenti è quello che rimuove tutta la nostra conoscenza della vicenda e immagina solidali i due amanti paradossalmente solo in assenza, tramite un gesto, il segno della croce, che sembra rimandare ad ulteriori metafisiche, atto a veicolare un messaggio di comunanza dello spazio e del tempo, agito per un attimo da entrambi: il grado zero delle loro possibili conoscenze, tristemente mostrato dopo che abbiamo assistito invece al massimo della compenetrazione dei due passionali e profani animi, come se si esaurisse il possibile sviluppo sacro nella storia impossibile nascosta dietro al segno della croce, rinviando ad una simmetrica storia mistica che Auster non racconta (usa il mute sulle battute di Celia nei panni della suora: "Questo non lo vogliamo sentire", dice), preferendo gli innumerevoli rivoli profani offerti dalla carnalità spensierata di Lulu.

Dischiudere e nascondere i possibili diversi sviluppi di un'idea è il classico modo di Auster per condurre una storia e rientra nel discorso a latere sulla figura dell'autore: le strutture di Auster sono spesso riconducibili a dei veri e propri labirinti i cui percorsi vengono accennati, proposti anche visivamente pure nei suoi romanzi, ma sono sempre sospesi, quasi mai si vedono completamente i contorni, benché ad esempio il labirinto costruito dai due ricchi giocatori di poker di La Musica del Caso sia dettagliatissimo o i percorsi di Città di vetro siano precisamente ricostruiti e vadano a formare delle lettere essenziali per proseguire l'inchiesta. Al centro del labirinto c'è spesso la morte, cioè la vera protagonista esorcizzata e analizzata di Lulu on the bridge, in cui si elude il tempo, lo spazio, la nostra esistenza individuale, come in tutti i labirinti. E del labirinto è anche l'indefinitezza temporale, sicuramente ricercata, perché Izzy stesso in piena confusione, ammaliato da frammenti e colori isolati, attira l'attenzione sul fatto che non porta l'orologio: "Lo considero un progresso, un vero progresso" (scena 11); segnali di sensibilità percettiva che indicano la predisposizione ad ambientarsi ad un nuovo mondo sconosciuto senza limiti temporali, uguale all'atteggiamento che prelude alla scoperta del cadavere.