TODO SOBRE MI MADRE







Sopravvivere ad un figlio è l'evento più lancinante per un genitore, quello più contro natura; incommensurabile perdita uguale a quella subita dai genitori dei desaparecidos argentini. Insopportabile tragedia soprattutto quando si è soli ad affrontarla. Ma invece "La naturaliza està loca, lo aberrante tambien es natural", come rivelato da Almodóvar in una dichiarazione e dunque tutta la varia umanità del film, che crea una solidarietà ginecentrica, cerca di vivere riconducendo le emozioni a più accettabili "dolores dolorosos y placeres placenteros" nell'interpretazione data da Cecilia Roth in un'intervista.

É questo un film che vorrebbe intitolarsi A proposito di tutte queste signore o Donne in attesa (due Bergman al femminile), e che invece risponde all'ego smisurato di un mercante del cinema d'autore, che trova conveniente rivendersi in forma di cineasta psicologo e maestro di cerimonia per travestiti, suore incinte, pittrici di falsi, attrici lesbiche ed eroinomani. La novità è che nel microcosmo della trasgressione controllata, Almodovar invece che un'orgia vuol fare il catechismo: che sia, sotto sotto, un perfetto moralista? In realtà, ciò che interessa all'Almodovar-mercante-di-sé è la moltiplicazione del dolore; gli esiti di una tale scelta narrativa sono, come talvolta accade, grotteschi, senza nemmeno il riscatto del cinismo. La miscela di fatti tragici tende scopertamente, come certa televisione, a conquistare lo spettatore emotivo: ma se gli esiti narrativi di Tutto su mia madre sono perlomeno discutibili, la questione formale si risolve in un sostanziale deja-vu almodovariano, non privo di piccole e grandi pecche.


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