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05/08/2005
L'assopimento delle coscienze attraverso il dosamento delle immagini schock...

Nessuna immagine smuove l'indignazione?
(Questa + altre cinque domande e nessuna risposta)













































































































È inutile coprire con teli i luoghi degli attentati?
L'edulcorazione arriva al punto di occultare le strade con sudari, che come nella più solleticante pornografia finirebbero con lo stuzzicare l'immaginazione, sostituendo al buco nero della informazione quel poco di immaginario truculento lasciato sgombro dal cinema ormai di maniera di Tarantino e Rodriguez... almeno dovrebbero agire in quel senso se le zone di autonomia della elaborazione della percezione individuale non fossero completamente ingombre del pattume mediatico, un polverone sollevato proprio con l'intento di non lasciare spazio libero all'orrore genuino; in questo modo si ribaltano i termini legati all'immaginario: definito come ambito di fuga dalla realtà, viene soffocato da elementi di fiction perché non si possa dare uno sguardo reale - e inorridire davvero -, in modo che anche l'orrore sia fittizio, temporaneo, funzionale e non banale, nauseante, irreale nel suo pallore immoto. Scenari espressionisti come quelli ripetitivi di Tarantino-Rodriguez perdono così la loro carica eversiva: la Blaxploitation, scremata della carica politicamente sovversiva, e il fumetto suggestivamente riprodotto occupano le menti e impediscono di rendersi realmente conto di cosa sia il paesaggio con rovine che gli attentatori hanno voluto riportare in Occidente per mostrare parte dell'orrore che le tv embedded non possono riferire: proponendo un orrore insostenibile (se non cinefilicamente), finiscono con l'occupare "militarmente" la capacità di elaborare l'orrore, solo parzialmente mostrato e infarcito di retorica verbale, e lo disinnescano. Allo stesso modo Guerre di mondi non più Wellesiane (in entrambi i sensi) affaticano senza che l'impianto - evidentemente metaforico, come l'altrettanto faticoso El quinto imperio di De Oliveira, colto e obliquamente allegorico della stessa inanità secolare - possa far breccia, perché così avviene quando i Buoni si sa già che vinceranno e gli Altri sono entità mostruose, alle quali si addice che subiscano distruzioni e morte. Ma la cultura occidentale, benché narcotizzata, sa che deve esserci qualche altra sequenza, che magari si chiama Falluja, il cui abisso di orrore farebbe impallidire qualunque immagine di orrore esportato in Metropolitana.
Quindi né l'una, né l'altra possono essere mostrate. Ma perché? perché il Pentagono ha fatto tesoro dell'effetto delle immagini vietnamite di My Lai, l'inizio della fine per l'ubriacatura militarista-patriottica di trent'anni fa? oppure perché si è lavorato sulla sensibilità dell'opinione pubblica e quindi la sequenza ripresa dall'embedded Kevin Sites nella moschea di Falluja - uguale a quella di Eddie Adams che spara a un vietcong legato nel 1968 - non produce più alcun effetto e quindi è inutile mostrarla?

È inutile mostrare gli effetti dei bombardamenti?
Da Bush senior in poi gli ordigni occidentali sono al massimo dei segni su uno schermo di scie che vanno a colpire il bersaglio, ma la gente fatta a pezzi con il "bersaglio" non si vede mai, nemmeno quando la bomba è del "nemico", l'obiettivo è occidentale, magari a Londra, e la detonazione non si vede, ma viene solo raccontata in particolari ripetuti ossessivamente; e non si vede perché è un boomerang. Forse perché la vista potrebbe scatenare un orrore come quello madrileno e creare un nuovo fenomeno Zapatero? Forse c'è bisogno di uno scenario latino per ottenere la replica di quel sano orrore che ha fatto rinsavire la società iberica dall'ubriacatura aznariana, fatta di Opus dei, neoliberismo e machismo interventista? Quella letale commistione era una forma spagnola dello stesso malessere dei compagni di merende di Aznar (Bush, Blair e Berlusconi e i rispettivi paesi alla deriva), che trova espressione in Nicotina: anche in questo caso il regista sembra mettere in scena gli incubi aznariani, la violenza della società neocons, il cinismo a tal punto insostenibile da aver bisogno di essere ridotto in burla, disinnescato quindi da una spettacolarizzazione che sottrae tensione per buttarla sul grottesco. La stessa operazione del recupero acritico delle forme muliebri della Blaxploitation.

È inutile che le torture (chi si ricorda ancora Abu Ghraib?) vengano insabbiate?
Rese episodiche e rimosse dall'immaginario occidentale, bisognoso di autoassolversi e credersi vittima anziché quel carnefice che è, senza però mostrare gli effetti di quella guerra che lui stesso ha scatenato e non accetta di vedere nemmeno a casa sua dopo aver negato l'onore della visione dello scempio fatto ai cadaveri fabbricati scientificamente e su scala industriale rispetto a quelli artigianali degli emuli avversari fanatici dell'altro campo.
Forse che il sistema clericofascista occidentale cerca di avere la meglio su quello oscurantista clericale levantino finché questo non riesce a costringere i mezzi di comunicazione a trasmettere le immagini che farebbero di questa crociata un nuovo Vietnam? Forse, comunque questo è il convincimento dei potenti occidentali. I due fascismi non propongono abissi di orrori: quello orientale perché per tradizione non mostra attraverso immagini esplicite (il Corano è Verbo, è litania memorizzata e passata con il canto), quello occidentale avrebbe tutta la preparazione barocca per mostrare l'orrore con dovizia di particolari, ma non ha vantaggio a farlo e lo traduce in serial... Over There. Si è arrivati al punto che il caporale dell'assassinio nella moschea è assolto senza nemmeno un accenno di indignazione.

Gli umani sono ormai assuefatti?
A questa domanda nessun sondaggio può rispondere, perché l'assuefazione richiede comunque che vengano fornite immagini per soddisfare la dipendenza. Però non possono essere quelle di Ridley Scott in Somalia (quelle evidentemente false di Black Hawk Down), perché non è di kolossal che si ha bisogno o di sconfitte eroiche, o di martellamenti metadonici. L'esigenza dell'immaginario non più in grado di produrre immaginazione spendibile in termini di consenso e di soddisfazione spettacolare è quella di fornire storie e sequenze a cui aderire e prima che lo faccia qualche imbelle documentarista coraggioso e capace di dare uno schock alle coscienze, se lo fabbrica la Fox stessa, non esistono più i giornalisti, sono i militari che si raccontano come in un osceno blog: Bochco cerca di imbonire il pubblico mostrandogli il quotidiano dei soldati Over There (i reduci non riescono nemmeno a pronunciare Iraq, proprio come i reduci del Vietnam chiamavano "Charlie" il nemico invisibile), edulcorato, ma cosciente che non si può proseguire ancora a lasciare un pubblico mediatizzato senza immagini. E allora in alternativa alle immagini e piuttosto di quelle reali, assolutamente da censurare, coprire con finta pietà e reale coda di paglia, negare e insabbiare, anziché mostrare i tunnel dell'Underground londinese come risultato in scala infinitesimale della carneficina del bombardamento di Baghdad, Cable channel FX si accinge a occupare i cuori già provati da un'oppressione spielberghiana irreale e alla pari insostenibile per l'emotività che richiede attraverso un costante martellamento di orrori, da compensare con edulcorate storie di "nostri ragazzi" al fronte, ricostruite da Steven Bochco in modo che ogni angolo dell'immaginario, ormai ristretto, sia occupato e non sia lasciato spazio all'immaginazione (Kill bill vol. 1, annacquato dal citazionismo del secondo volume, viene definitivamente soffocato da Sin City, coazione a ripetere di un bellissimo immaginario espressionista, senza il travaglio e la coscienza di essere colpevoli di quell'orrore, senza la forza e il coraggio di denunciare le radici violente della società statunitense, come invece fa Scorsese in Gangs of New York).

Le immagini che producono orrore sono sature?
Probabilmente sì. E quindi per ottenere un sussulto da parte delle coscienze assopite dall'eccesso di spettacolarizzazione, per avere una risposta pari a quella che condusse alle mobilitazioni degli anni sessanta contro il Vietnam non serve cercare di "far inorridire", perché quella è una strada già battuta dal fronte dei Signori della guerra che da una parte e dall'altro predicano (è proprio il caso di usare questo verbo clericale) lo Scontro di Civiltà e regolano il flusso e la portata delle immagini di cui si vogliono avvalere.
Anche un nuovo approccio alla violenza come quello proposto dalle poetiche coreane finisce con l'iscriversi nella saturazione finora descritta, occupando pure l'ambito sessuale e surreal-allucinatorio.
Forse l'unica salvezza può trovarsi nel "ripulirsi" dalla droga della violenza, per riuscire a tornare a capire il suicidio del soccorritore dell'Italicus il giorno dopo aver visto quell'orrore, atroce e osceno al punto da non potervi sopravvivere.






































































































































adriano boano